Cemento fotocatalitico

articolo a cura di Arch. F. Di Mario, redatto per Eudomia Mag

Il cemento fotocatalitico, spesso chiamato “asfalto mangia smog” fu inventato e brevettato nel 1996 da Luigi Cassar, direttore centrale del settore ricerca e sviluppo di Italcementi.

Questo cemento può ridurre le emissioni inquinanti dovute agli autoveicoli che transitano sulla strada per la quale è utilizzato, infatti tramite una prova realizzata a Segrate, si è constatato che tale innovazione ha fatto svanire il 60% degli ossidi di azoto presenti nell’atmosfera.

Dunque un chilometro quadrato di questo tipo di cemento riuscirebbe ad assorbire ogni anno ben 30 mila tonnellate di ossido di azoto.

Una superficie di un chilometro quadrato, considerando che ogni auto emette tra i 0,4 e i 0,5 grammi di ossido di azoto, potrebbe eliminare i problemi dovuti ai gas di scarico prodotti da almeno 7000 auto medie.

Oltre che per le strade, tale tecnica può essere utilizzata anche nella realizzazione di facciate.

Questo vuol dire che, se una città come Milano lo usasse per rifare il 15% delle sue facciate, ridurrebbe l’inquinamento nell’aria della metà.

Purtroppo, però, i costi di tale materiale sono ancora molto elevati, circa 1100 euro alla tonnellata.

Arrivare a questo tipo di materiale è stata una conseguenza di numerosi sudi basati sulla necessità di  mantenere il cemento pulito, senza le macchie causate negli anni dall’inquinamento dell’aria.

Inizialmente si tentava di proteggere le superfici di cemento con strati di silicone idrorepellente, ma anch’essi col tempo si usuravano.

Così Cassar ha studiato le proprietà autopulenti del cemento, concentrandosi sul processo secondo il quale l’energia del sole riesce a scomporre le sostanze nocive prima ancora di attaccare la superficie dell’oggetto.

Il fatto che l’ossidazione delle superfici riduca anche gli inquinanti dell’aria circostante, è stata una scoperta successiva, così nel 1996 il team è arrivato alla giusta miscela di cemento e biossido di titanio.

Dunque  l’azione combinata della luce e del principio attivo decompone gli agenti inquinanti prodotti dall’attività umana (fabbriche, traffico, riscaldamento domestico) restituendo una qualità dell’aria migliore.

Studi di laboratorio hanno dimostrato che le superfici fotocatalitiche sono in grado di decomporre i microrganismi che intaccherebbero le stesse, inibire il deposito e la proliferazione di alghe e prevenire il conseguente deterioramento del materiale.

COME FUNZIONA

La fotocatalisi è un processo naturale per cui, grazie all’azione della luce, una sostanza fotocatalizzatrice accelera i processi di ossidazione già esistenti in natura e favorisce una più rapida decomposizione degli inquinanti, evitandone l’accumulo e l’adesione in superficie .

Il biossido di titanio, infatti, ha la capacità, in presenza di luce, di ossidare sostanze organiche e inorganiche scomponendole per poi trasformarle in nitrati e carbonati.

Tecnicamente è sbagliato dire, come molti fanno, che questo tipo di cemento “mangi lo smog” poiché la fotocatalisi avviene sulla superficie del cemento e non internamente ad esso.

Il fatto che il materiale abbia una bassa porosità e sia idrorepellente, fa sì che la pioggia riesca a lavarlo facendo scivolare queste impurità. Oltretutto le proprietà appena elencate lo rendono un materiale dal buon impatto estetico.

Inoltre  questo innovativo cemento è efficace non solo con l’ossido di azoto, ma anche con altri composti potenzialmente nocivi per la salute come l’anidride solforosa, l’ossido di carbonio e la formaldeide.

APPLICAZIONI

In America è stato realizzato un esperimento su un tratto di due miglia che collega Cermak Road e Blue Avenue, una delle strade più trafficate e con il numero maggiore di industrie, quindi con un’aria molto inquinata.

In Europa  una porzione di un tunnel di Bruxelles è stata trattata con questo materiale.

In Italia sono stati fatti test sulle strade di Segrate, con il risultato che la malta, stesa su mezzo km di carreggiata, ha ridotto del 60% gli ossidi di azoto presenti nell’atmosfera.

Sempre in Italia abbiamo avuto altri edifici realizzati utilizzando questa nuova tecnica.

Per l’Expo 2015 lo studio Nemesi & Partners ha progettato “Palazzo Italia”, una struttura complessa che richiamava nel suo aspetto esteriore e in alcuni spazi interni le forme di una foresta ramificata.

La facciata è stata realizzata con il cemento biodinamico “i.active BIODYNAMIC” in cui il principio attivo presente nel materiale consente di “catturare” alcuni inquinanti presenti nell’aria, trasformandoli in sali inerti e contribuendo così a liberare l’atmosfera dallo smog.  La malta, inoltre, prevede l’utilizzo per l’80% di aggregati riciclati, in parte provenienti dagli sfridi di lavorazione del marmo di Carrara, cosa che conferisce una brillanza superiore a quella dei cementi bianchi tradizionali.

La “dinamicità  è un’altra caratteristica del nuovo materiale, che presenta una lavorabilità tale da consentire la realizzazione di forme complesse.

Grazie alla sua particolare fluidità, questo cemento può penetrare facilmente nei casseri garantendo sempre una buona qualità superficiale.

La sua bassa porosità superficiale rispetto agli altri materiali cementizi lo fa apparire diverso in termini di liscezza e lucentezza.

E’ inoltre più resistente alla compressione e alla flessione.

Un progetto realizzato ma probabilmente meno riuscito è quello della chiesa Dives in Misericordia, la cattedrale del Giubileo con le tre grandi vele bianche, costruita a Roma da Richard Meier. Il cemento bianco che ricopre l’intera opera è il TX Millennium al titanio, anch’esso dotato di cellule dall’azione fotocatalitica.

Purtroppo l’iniziale biancore delle vele, garantito da Italcementi tramite un materiale inerte, autopulente e mescolato al marmo di Carrara, ad oggi risulta molto compromesso.

Ovviamente quelli citati sono alcuni progetti pilota, auspichiamo che questa tecnica possa essere  sviluppata al meglio e riesca effettivamente a diffondersi, apportando dei benefici.